GENNA SERAPIS
[La porta di Serapis]
Più forte è la luce, più cupa è l’ombra.
Luce e ombra, un binomio inscindibile che attraversa spazi e tempi che sembrano non appartenersi. L’esperienza ci pone spesso dinanzi a forti contrasti, profonde e laceranti contraddizioni che, in quanto tali, condizionano necessariamente e in modo radicale il nostro vedere. E’ difficile riuscire a scorgere oltre l’antinomia, a scindere ed osservare due elementi che se pure in antitesi, sono cresciuti avviluppandosi l’uno con l’altro cannibalizzandosi e sopraffacendosi fino quasi ad annientarsi reciprocamente. In questa parte di Sardegna sud-occidentale denominata Costa Verde, nella regione dell’Arburese, lontano dalle rotte del turismo di massa, un passato di frenetico e famelico sfruttamento del sottosuolo ha generato un cimitero di vuoto, metallo e cemento capace di inghiottire presente e futuro di una terra che pare non riuscire a ritrovare una propria identità ma che, al tempo stesso, sembra invitarci a sospendere ogni linguaggio nell’estremo tentativo di riappropriarsi autonomamente di un significato nuovo. Essa ci parla tacendo ma al tempo stesso mostrandoci chi è stata e chi ha saputo essere, lasciando a noi il compito di immaginare cosa potrà tornare ad essere. La collina di Genna Serapis, così chiamata in riferimento alla divinità greco-egizia Serapide (Σέραπις), protettrice del mondo sotterraneo, dal borgo minerario di Montevecchio fino alle fiabesche dune di Piscinas e oltre, attraverso un paesaggio magico che fa da cornice, rappresenta una porta atta a farsi attraversare e che ci lascia incerti e impreparati di fronte a un viaggio fatto di natura e di operosità umana, di bellezza e di orrore, di inviolato e di corrotto, di luce e di ombra.
“If the doors of perception were cleansed every thing would appear to man as it is, Infinite.”
Se le porte della percezione fossero purificate, tutto apparirebbe all’uomo come in effetti è, infinito.
― William Blake, The Marriage of Heaven and Hell
All’interno di una delle infinite strutture in rovina che ancora oggi occupano questa valle, appare questo verso di Blake al quale è stata sostituita la parola “perception” con “Serapis”, come a suggerirci una soluzione. La nostra mente diventa quella stessa porta della percezione che deve essere purificata, decontaminata, risanata, permettendo a una nuova luce di illuminare antichi problemi insoluti, quali il ruolo della mente stessa nella natura e il rapporto cervello/coscienza. Purificare le porte della percezione al fine di vedere la vera realtà del mondo, le contraddizioni, le scelte passate e ancora di più, al fine di indicarci una nuova strada da percorrere.
©Emanuele Faccio Gofas
2019.
«Cinque anni fa ebbi una magnifica esperienza che mi avviò sulla strada che doveva condurmi a scrivere questo libro. In un pomeriggio di fine estate, seduto in riva all'oceano, osservavo il moto delle onde e sentivo il ritmo del mio respiro, quando all'improvviso ebbi la consapevolezza che tutto intorno a me prendeva parte a una gigantesca danza cosmica. […] Sedendo su quella spiaggia, le mie esperienze precedenti presero vita; «vidi» scendere dallo spazio esterno cascate di energia, nelle quali si creavano e si distruggevano particelle con ritmi pulsanti; «vidi» gli atomi degli elementi e quelli del mio corpo partecipare a quella danza cosmica di energia; percepii il suo ritmo e ne «sentii» la musica: e in quel momento seppi che questa era la danza di Śiva, il Dio dei Danzatori adorato dagli Indù.»
Fritjof Capra, Il Tao della fisica, 1975, trad. it. di G. Salio, Adelphi, Milano 1982.